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LA VITA DI ZI’ GAETANO PIROLLI, L’UOMO CHE HA RISCRITTO LE REGOLE DELLA “NORMALITÀ”

 

Zi’ Gaetano ha fatto il calzolaio, suonava la fisarmonica, andava in moto, guidava la macchina, animava le feste di piazza, aveva un sacco di amici ed era molto amato. Quella che a raccontarla sembra una esistenza come tante altre, nella Macchia di 70 anni fa, così non è stato, perché Zi’ Gaetano, al secolo Gaetano Pirolli, non era autosufficiente a causa della poliomelite che lo aveva colpito a 5 anni. Non aveva l’uso delle gambe, ma questo non lo ha mai fermato e ha fatto di lui un modello per ricalibrare i parametri della “normalità” della società in cui viveva e anche i nostri, che oggi lo ricordiamo con affetto.

 

Nato il primo agosto del 1935, figlio di Vincenzo e Angela, Gaetano – come tanti altri bambini della sua generazione – viene colpito dalla poliomelite. Nonostante le cure, tentate anche fuori dal Molise, la malattia lascia i segni soprattutto sulle sue gambe, rendendogli impossibile camminare. Ma Gaetano non si arrende, si fa forza, impara il mestiere del calzolaio, lavora, aiuta la famiglia e la sostiene. La sua “Pteca d ru scarpare”, in Via del Sannio, diventa un punto di riferimento dell’intera comunità di Macchia, ma anche del territorio. Crescendo, da ragazzo autodidatta e senza conoscere la musica, impara a suonare la fisarmonica che orgogliosamente sostiene di aver acquistato a Castelfidardo. Con quello strumento allieta tantissime serate ai giovani del paese, permettendo loro di cantare e ballare in piazza, come era consuetudine all’epoca.

 

Gaetano è fondamentale per la comunità, al punto che a volte, non essendoci mezzi di trasporto, viene portato a spalla dai suoi amici (lui e la sua fisarmonica) per rallegrare le serate o per serenate anche fuori dal paese, nei dintorni. Personaggio molto orgogloso, dimostra un carattere molto forte e cerca di manifestare e difendere le sue idee senza nessun timore, con chiunque e dovunque. Da giovane compra la sua prima motocicletta a tre ruote con cui riesce a spostarsi liberamente. Ne acquista anche una seconda, ancora oggi nella disponibilità della sua famiglia, e nonostante, non avesse l’uso delle gambe, all’età di cinquant’anni prende la patente e compra una macchina con comandi manuali, con cui amplia le sue escursioni, rendendosi maggiormente libero.

Per quasi tutta la sua vita si lega all’UNITALSI all’interno della quale condivide bellissimi rapporti di amicizia con tutti i suoi associati e compie, ogni anno, viaggi a Lourdes, Fatima, nella Terra Santa e in tanti altri luoghi. Con i suoi risparmi acquista una casetta nel centro storico di Macchia perché, nonostante fosse amato dai suoi familiari, si è sempre voluto rendere indipendente.

Oltre che i familiari, anche Giuseppe e Rosa di “Er Più”, con le figlie, lo considerano uno di famiglia. Solo negli ultimi mesi, quando la malattia aggredisce, accetta di essere aiutato.

 

Gaetano va via il 1 giugno del 2016, lasciando a tutti un esempio di gioia, coraggio e dignità.

 

 

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TONINO CICCHINI, LA VITA “AGRICOLA” DELL’UOMO CHE INVENTÒ LA FESTA DEL VINO

 

Ci sono persone che cambiano il corso delle cose e, a distanza di decenni, vengono ricordate per quello che sono state e per ciò che hanno lasciato. Il nome di Antonio Cicchini è stato, è e sarà sempre indissolubilmente legato alla festa più importante di Macchia d’Isernia, che alla sua prima edizione si chiamava “Mostra del vino locale” e oggi si chiama “Macchia DiVino”. In mezzo un viaggio lungo 50 anni.

 

Nato a Macchia il 12 giugno del 1943, Tonino sin da bambino capisce che sarà la terra il filo conduttore della sua vita. Aiuta i genitori nei campi e con il bestiame, si appassiona all’agricoltura e frequenta prima la scuola di avviamento professionale in agricoltura a Isernia e poi l’Istituto Tecnico Agrario Statale di Larino (CB), paese in cui si trasferisce grazie a grandi sacrifici dei genitori. Si diploma con il massimo dei voti e inizia a lavorare presso la Camera del Lavoro di Campobasso, con la qualifica di tecnico agrario divulgatore. Diventa poi rappresentante di mezzi agricoli della ditta “Grifo” di Reggio Emilia, una posizione che lo mette a stretto contatto con macchine e strumenti innovativi del settore, acquisisce competenze e le trasferisce sul territorio, dando forte impulso allo sviluppo delle tecniche di coltivazione locali. A causa di problemi di salute è costretto a lasciare quel lavoro e apre, aiutato dalla moglie Elsa, un negozio di concimi e prodotti per l’agricoltura a Isernia, “Agricola Cicchini”.

La terra, elemento centrale nella sua vita. È sempre da lei che torna, quando ha l’intuizione che lo iscrive di diritto nella storia del suo paese: su suo impulso, insieme ad alcuni amici, il 28 settembre del 1974 si inaugura la “Prima Mostra del Vino Locale”. Diventerà la più importante festa del nostro paese, a distanza di 50 anni in piena salute e con prospettive di grande crescita.

La festa del 1975 sarà organizzata sempre da privati cittadini poi, dal 1976, passa sotto le mani del Comune e della Pro Loco.

Tonino è un uomo di cultura, per anni si dedica agli studi storico-filosofici, alla ricerca delle tradizioni e all’enogastronomia locale, specificatamente di Macchia.

La sua salute peggiora, a causa di una forte patologia diabetica, viene prima colpito da cecità e poi muore, a soli 48 anni, nell’agosto del 1991. Quattro anni dopo va via anche la moglie Elsa, lasciando solo il loro figlio Andrea, che da poco più di un anno ha raggiunto i suoi genitori, inaspettatamente e nel dolore di tutta la comunità, a soli 41 anni.

 

 

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RAFFAELE TULLIO, UNA PASSIONE PER MACCHIA E IL MOLISE

 

Raffaele Tullio nacque a Macchia d’Isernia nel 1911, discendente di una famiglia che risulta residente a Macchia fin dal XVII secolo. Si trasferì a Roma per frequentare l’Università e a soli 24 anni vinse il concorso per insegnare materie letterarie nei licei. Dal 1949 al 1952 fu preside del liceo classico Fascitelli di Isernia. Divenne in seguito preside del liceo Mamiani di Roma, segretario generale dell’Associazione nazionale dei presidi, membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione. Divenuto poi ispettore centrale del Ministero della pubblica istruzione, fu segretario generale dell’Associazione nazionale degli ispettori centrali. Grand’ufficiale al merito della Repubblica, ebbe la medaglia d’oro e il diploma di benemerenza di prima classe per la scuola, cultura e arte offerta dal Ministro della pubblica istruzione.

Pur vivendo a Roma, al Molise dedicò le sue più profonde attenzioni. Nel 1964 fondò la Famiglia molisana a Roma. Dal 1970 fu direttore della rivista «Risveglio del Molise e del Mezzogiorno». Nel 1979 fondò l’Istituto molisano di studi e ricerche, per mezzo del quale organizzò numerose importanti manifestazioni per lo sviluppo storico e culturale della Regione. Nel 1993 pubblicò un volume intitolato «Il Sannio fra antico e moderno».

Ma è a Macchia che è rimasto sempre rivolto il suo cuore, beneficando, per quanto fosse nelle sue possibilità, i suoi concittadini e riuscendo a farvi istituire una scuola media. Nel 1993 pubblicò un libro intitolato «Un lembo d’Italia, Macchia dentro la storia», dove, oltre a illustrare il bassorilievo di Calidio Erotico rinvenuto a Macchia e a sostenere che Celestino V fosse nato in un territorio rientrante nel comprensorio di Macchia, descrive il mondo della sua infanzia trascorsa in un paese povero, tra difficoltà e disagi.

Edificò un villino in via Coste Latrine, la strada che poi divenne «via Raffaele Tullio». In questo villino trasferì la sua ricca biblioteca, collocata negli scaffali lignei costruiti da Pietro Pirolli, e vi trascorse tutte le estati dei suoi ultimi anni. La casa dove nacque, in via del Popolo 4, oggi di proprietà del nipote Paolo, è stata concessa in comodato al Comune, affinché, rispettando i suoi desideri, vi fossero attivate iniziative culturali. All’esterno è apposta una targa commemorativa.

Quando morì, nel 1998, il suo funerale a Macchia fu officiato dal vescovo Andrea Gemma.

 

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