TONINO CICCHINI, LA VITA “AGRICOLA” DELL’UOMO CHE INVENTÒ LA FESTA DEL VINO
Ci sono persone che cambiano il corso delle cose e, a distanza di decenni, vengono ricordate per quello che sono state e per ciò che hanno lasciato. Il nome di Antonio Cicchini è stato, è e sarà sempre indissolubilmente legato alla festa più importante di Macchia d’Isernia, che alla sua prima edizione si chiamava “Mostra del vino locale” e oggi si chiama “Macchia DiVino”. In mezzo un viaggio lungo 50 anni.
Nato a Macchia il 12 giugno del 1943, Tonino sin da bambino capisce che sarà la terra il filo conduttore della sua vita. Aiuta i genitori nei campi e con il bestiame, si appassiona all’agricoltura e frequenta prima la scuola di avviamento professionale in agricoltura a Isernia e poi l’Istituto Tecnico Agrario Statale di Larino (CB), paese in cui si trasferisce grazie a grandi sacrifici dei genitori. Si diploma con il massimo dei voti e inizia a lavorare presso la Camera del Lavoro di Campobasso, con la qualifica di tecnico agrario divulgatore. Diventa poi rappresentante di mezzi agricoli della ditta “Grifo” di Reggio Emilia, una posizione che lo mette a stretto contatto con macchine e strumenti innovativi del settore, acquisisce competenze e le trasferisce sul territorio, dando forte impulso allo sviluppo delle tecniche di coltivazione locali. A causa di problemi di salute è costretto a lasciare quel lavoro e apre, aiutato dalla moglie Elsa, un negozio di concimi e prodotti per l’agricoltura a Isernia, “Agricola Cicchini”. La terra, elemento centrale nella sua vita. È sempre da lei che torna, quando ha l’intuizione che lo iscrive di diritto nella storia del suo paese: su suo impulso, insieme ad alcuni amici, il 28 settembre del 1974 si inaugura la “Prima Mostra del Vino Locale”. Diventerà la più importante festa del nostro paese, a distanza di 50 anni in piena salute e con prospettive di grande crescita. La festa del 1975 sarà organizzata sempre da privati cittadini poi, dal 1976, passa sotto le mani del Comune e della Pro Loco. Tonino è un uomo di cultura, per anni si dedica agli studi storico-filosofici, alla ricerca delle tradizioni e all’enogastronomia locale, specificatamente di Macchia. La sua salute peggiora, a causa di una forte patologia diabetica, viene prima colpito da cecità e poi muore, a soli 48 anni, nell’agosto del 1991. Quattro anni dopo va via anche la moglie Elsa, lasciando solo il loro figlio Andrea, che da poco più di un anno ha raggiunto i suoi genitori, inaspettatamente e nel dolore di tutta la comunità, a soli 41 anni.
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LA VITA DI ZI’ GAETANO PIROLLI, L’UOMO CHE HA RISCRITTO LE REGOLE DELLA “NORMALITÀ”
Zi’ Gaetano ha fatto il calzolaio, suonava la fisarmonica, andava in moto, guidava la macchina, animava le feste di piazza, aveva un sacco di amici ed era molto amato. Quella che a raccontarla sembra una esistenza come tante altre, nella Macchia di 70 anni fa, così non è stato, perché Zi’ Gaetano, al secolo Gaetano Pirolli, non era autosufficiente a causa della poliomelite che lo aveva colpito a 5 anni. Non aveva l’uso delle gambe, ma questo non lo ha mai fermato e ha fatto di lui un modello per ricalibrare i parametri della “normalità” della società in cui viveva e anche i nostri, che oggi lo ricordiamo con affetto.
Nato il primo agosto del 1935, figlio di Vincenzo e Angela, Gaetano – come tanti altri bambini della sua generazione – viene colpito dalla poliomelite. Nonostante le cure, tentate anche fuori dal Molise, la malattia lascia i segni soprattutto sulle sue gambe, rendendogli impossibile camminare. Ma Gaetano non si arrende, si fa forza, impara il mestiere del calzolaio, lavora, aiuta la famiglia e la sostiene. La sua “Pteca d ru scarpare”, in Via del Sannio, diventa un punto di riferimento dell’intera comunità di Macchia, ma anche del territorio. Crescendo, da ragazzo autodidatta e senza conoscere la musica, impara a suonare la fisarmonica che orgogliosamente sostiene di aver acquistato a Castelfidardo. Con quello strumento allieta tantissime serate ai giovani del paese, permettendo loro di cantare e ballare in piazza, come era consuetudine all’epoca.
Gaetano è fondamentale per la comunità, al punto che a volte, non essendoci mezzi di trasporto, viene portato a spalla dai suoi amici (lui e la sua fisarmonica) per rallegrare le serate o per serenate anche fuori dal paese, nei dintorni. Personaggio molto orgogloso, dimostra un carattere molto forte e cerca di manifestare e difendere le sue idee senza nessun timore, con chiunque e dovunque. Da giovane compra la sua prima motocicletta a tre ruote con cui riesce a spostarsi liberamente. Ne acquista anche una seconda, ancora oggi nella disponibilità della sua famiglia, e nonostante, non avesse l’uso delle gambe, all’età di cinquant’anni prende la patente e compra una macchina con comandi manuali, con cui amplia le sue escursioni, rendendosi maggiormente libero. Per quasi tutta la sua vita si lega all’UNITALSI all’interno della quale condivide bellissimi rapporti di amicizia con tutti i suoi associati e compie, ogni anno, viaggi a Lourdes, Fatima, nella Terra Santa e in tanti altri luoghi. Con i suoi risparmi acquista una casetta nel centro storico di Macchia perché, nonostante fosse amato dai suoi familiari, si è sempre voluto rendere indipendente. Oltre che i familiari, anche Giuseppe e Rosa di “Er Più”, con le figlie, lo considerano uno di famiglia. Solo negli ultimi mesi, quando la malattia aggredisce, accetta di essere aiutato.
Gaetano va via il 1 giugno del 2016, lasciando a tutti un esempio di gioia, coraggio e dignità.
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VITTORIO STASI, UN VULCANICO MACCHIAROLO AL SERVIZIO DI TUTTI
Vittorio Stasi nasce a Macchia d’Isernia il 12 agosto del 1926. Consegue il diploma da Geometra e intraprende la sua attività professionale: inizialmente come direttore di cantiere per il rimboschimento dell’attuale zona della Trinità e della collina di Santa Maria; poi si inserisce nell’Azienda Speciale “Alto Volturno”, e successivamente entra a far parte della comunità montana “Centro Pentria”, come tecnico. Qui rimane per l’intera carriera lavorativa, fino alla pensione, mostrando grande disponibilità a tutti coloro che avevano bisogno di lui. Definito da molti “uomo vulcanico”, nel corso della sua vita, ha dimostrato sempre di essere una persona altruista, sorridente ed allegra. Nei momenti di difficoltà di amici e parenti, è sempre stato disponibile all’ascolto e al dialogo, pronto a dare una mano in caso di necessità e a risollevare gli animi con le sue battute ironiche e sarcastiche. Durante gli anni della gioventù, ha avuto grande interesse per il calcio, una passione che ha coltivato con dedizione, militando in alcune squadre locali e dedicandosi ai giovani e allo sport del paese. A quel tempo, i ragazzi non avevano grandi opportunità, così fece in modo di realizzare insieme ad altri un campo sportivo per offrire loro possibilità di divertirsi e partecipare, con la squadra creata, ai campionati molisani. Contribuì a formare una società sportiva che riscosse successo e gioia durante quegli anni, in cui bastavano un campo verde e un pallone per sentirsi vivi e felici. Appassionato alla caccia e alla pesca, le ha praticate per anni con il suo gruppo di amici. Lo scopo principale era quello di consumare in compagnia ciò che avevano cacciato o pescato. Spesso, considerato il “capofeste”, intratteneva tutti con il suo fare scherzoso, e con la sua creatività, organizzava gare tra cacciatori, per mettere in mostra la sua modesta bravura e la sua ottima mira. Non si può raccontare la vita di Vittorio, la sua storia, senza legarla a quella tradizionale e culturale del paese in cui è vissuto. L’amore incondizionato per Macchia, il legame viscerale con le tradizioni popolari del paese, di cui andava enormemente fiero, l’hanno motivato ad occupare un posto in prima linea nei contesti amministrativi e religiosi del paese, tenendo ben presente alcuni principi e valori propri della sua etica: fare il meglio per Macchia, essere orgogliosi del proprio paese e rispettare e trasmettere le tradizioni. Dunque, tra gli interessi, rientra sicuramente quello legato al mondo politico, e con grande entusiasmo e convinzione, è sempre stato attivo e attento agli scenari del panorama politico macchiarolo, dimostrando ai suoi concittadini, attraverso validi progetti, come quello che riguarda il restauro della chiesa di Santa Maria, ciò che più teneva a cuore: il bene del paese. Per anni ha ricoperto la carica di Giudice Conciliatore: il giudice popolare per eccellenza, la cui missione è quella di conciliare le parti in litigio. In campo religioso, da fervente cattolico, si è dedicato alla parrocchia di Macchia e alla chiesa, come organizzatore di feste, patronali e non, preoccupandosi della gestione delle processioni, della realizzazione del presepe in chiesa, dei sepolcri e dell’allestimento degli altarini del Corpus Domini. Ha ricoperto la carica di presidente dell’Azione Cattolica di Macchia, ed insieme alla cara Erminia Fuscellaro, si è prodigato per il bene comune. Come ogni “macchiarolo autoctono”, era molto legato alla Madonna di Canneto (Santuario in provincia di Frosinone), e per questo, proponeva di organizzare, inizialmente a piedi, poi con il pullman, pellegrinaggi e gite, per onorare la Madonna e per creare occasioni di divertimento con la sua combriccola di amici. Ricoprì la carica di direttore artistico durante le recite che si realizzavano in chiesa: quella di San Nicola e Santa Lucia le più celebri, i cui temi erano incentrati sulla vita dei santi. Uno dei suoi hobbies preferiti era la musica: si iscrisse ad un corso di pianoforte e tramandò la stessa passione ai nipoti. Amava suonare l’organetto nei momenti festivi e di svago, portando allegria e gioia ai presenti, così come in tutti gli eventi e le manifestazioni a cui partecipava, e che solitamente terminavano con un discorso da lui scritto in rima e teatralmente recitato. Custode delle tradizioni, era solito raccogliere libri sui dialetti locali, e ancora oggi, i familiari, conservano poesie dialettali relative alla mietitura, alla vendemmia e al carnevale. Nel 1995, gli venne diagnosticata una terribile malattia. Inizia per lui un percorso di cure, affrontato con coraggio, forza e consapevolezza, dimostrando la sua fede nel dolore. Scompare il 15 marzo del 1998.
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