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CONTADINA, EMIGRANTE E BANDITRICE: IL RICORDO DELLA TROMBETTA DI ZI’ CLAUDINA

 

 

“È arrvat ru spiazziiiiiinnnn”. Ci sembra quasi di sentire ancora la sua voce e il suono della sua trombetta spalmarsi nei vicoli del paese. Claudia Carlucci, detta Zi’ Claudina, è stata per anni “banditrice” a Macchia d’Isernia, mestiere che ha sintetizzato quello di promoter e di pubblicitario, quando di spot e annunci su larga scala non c’era neanche l’ombra.

Nata in paese nel luglio del 1930 visse un’infanzia serena, tra scuola e pascoli, aiutando insieme ai fratelli i genitori contadini. Si sposò giovanissima e, dopo aver avuto due figli, se ne andò in Svizzera alla ricerca di una vita migliore. All’inizio fu difficile – fu anche costretta a dormire nei bagni della stazione ferroviaria non potendosi permettere un albergo –, ma poi con caparbietà e tanto spirito di sacrificio le cose andarono meglio. Un suo zio le diede ospitalità e oltralpe rimase per circa 20 anni, periodo in cui conobbe a Ginevra un uomo che sposò e da cui ebbe un figlio.

Alla fine di marzo del 1977 tornò a Macchia con tutta la famiglia e riprese dove aveva lasciato: in campagna. Comprò due mucche, due maiali e una capra, diventando coltivatrice diretta, mestiere accanto a cui piazzava altri lavoretti per arrotondare. Soprattutto, divenne banditrice. Annunciava l’arrivo in paese dei commercianti, di chi vendeva frutta, verdura, abbigliamento, con una trombetta in mano e il suo grande senso dell’umorismo in tasca. Carattere generoso e disponibile, la signora Carlucci si è dedicata a sé durante la pensione perché non aveva potuto farlo prima, anche viaggiando, per esempio in direzione Riccione, dove andava alle terme insieme alle amiche una volta l’anno. Ha visitato anche la Svizzera, dove la sua vita ha trovato una nuova traiettoria, ma è sempre tornata nell’amata Macchia, in mezzo agli amici e in quei vicoli in cui qualcuno, ancora oggi, ricorda il suono della sua trombetta.

Ci ha salutati poco più di un anno fa, a 91 anni.

 

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UNA VITA CHE SEMBRAVA DONATA DALL’ALTO

 

 

Ci sono persone che nascono, vivono e muoiono dedicando se stessi agli altri. Vite al servizio dei più deboli, dei malati, degli indifesi, che sembrano quasi donate dall’alto. È il caso di Erminia Fuscellaro, nata a Macchia d’Isernia nell’agosto di 100 anni fa, ricordata da tutti semplicemente come “Zia Erminia”.

Una figura impressa con tenerezza nella memoria di tutti quelli che l’hanno conosciuta, una donna totalmente vocata alla fede, pervasa dalla spiritualità, sposata da giovane, mai diventata mamma, ma “madre” formativa di tanti suoi nipoti, soprattutto durante il difficile periodo della guerra. Aveva un bar a Roma, Zia Erminia, diventato nel tempo un famoso ritrovo di personaggi del mondo dello spettacolo, e la sua vita è sempre stata lavoro e preghiera. Ancora di più quando, dopo 50 anni di matrimonio, suo marito è venuto a mancare. In quel momento lei si è donata ancora di più agli altri, soprattutto ai bisognosi, ricoprendo anche il ruolo di presidente dell’Azione Cattolica per 20 anni.

È stata la prima suora laica del Molise, sposata e poi rimasta vedova. I problemi li ha sempre affrontati col sorriso, Zia Erminia, fino all’ultimo, fino al 30 luglio del 2015, quando se n’è andata, con quell’espressione dolce che non l’ha abbandonata mai.

 

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41 ANNI DA PARROCO DI MACCHIA, TRA BICICLETTA, CAMPAGNA E AMORE PER I FEDELI

 

 

Se vi foste trovati a passeggiare, ad esempio una mattina del maggio del 1948 nella piazza di Macchia, avreste visto passare un personaggio in bicicletta, salutato da tutti con affetto, diretto verso la chiesa. Il suo nome era Angelo Marino, di cognome Mollichelli, ed è stato per 41 anni consecutivi il parroco del paese. Usava spostarsi in bici don Angelo e già questo è inusuale, ma è la sua intera vita a essere ricordata con amore proprio perché piuttosto atipica, per il ruolo ricoperto. 

Nacque a Macchia d’Isernia l’11 febbraio 1886, da Michele e Filomena Pettine, seminarista a Venafro. Fu ordinato sacerdote nel 1914 e subito inviato al fronte, come cappellano militare per 4 mesi ad Arona. Dopo la smobilitazione fu aiuto segretario comunale e dal 7 settembre 1926 divenne arciprete della parrocchia di San Nicola di Bari di Macchia, di cui fu poi parroco titolare ininterrottamente per 41 anni, fino alla fine dei suoi giorni. 

Era un uomo generoso don Angelo, anticipava di tasca sua gli affitti e le decime che i parrocchiani dovevano alla mensa Arcipretale di San Nicola e che per un motivo o un altro non potevano versare nei tempi previsti. Amava andare in campagna e partecipava, insieme ai collaboratori di casa, alla coltivazione della terra. Si spostava in bicicletta (una sorta di Don Matteo ante litteram!), aveva sempre una buona parola per i suoi parrocchiani e concedeva di buon grado il placet per chi richiedeva il passaporto per emigrare negli USA o in Australia, soprattutto negli anni precedenti e immediatamente successivi la Seconda Guerra Mondiale.

Don Angelo Marino Mollichelli morì il 1 luglio 1971.
Il suo dolce ricordo vive tuttora.

 

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